Il Festival del Cinema di Venezia, nella sua gloriosa 80esima edizione, ha finalmente alzato il sipario, e questa volta è stato “Comandante” di Edoardo De Angelis a illuminare il palcoscenico, con Pierfrancesco Favino nella parte principale.
Il film si basa su una storia vera, un episodio eroico che coinvolse Salvatore Todaro e il salvataggio dell’equipaggio di una nave mercantile belga appena affondata durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il capitano Todaro.
Immersi nell’Atlantico, a bordo del sommergibile Cappellini, il capitano Todaro e il suo equipaggio si trovano improvvisamente sotto attacco da parte di un mercantile con i fari spenti. In un’azione fulminea, Todaro e il suo equipaggio prendono il controllo della situazione.
Nel mondo imperscrutabile della guerra in mare, le regole richiedono che l’equipaggio della nave nemica sconfitta venga abbandonato al proprio destino. “È sempre stato così”, si dice. Tuttavia, il capitano Todaro prende una decisione audace: salvare i 26 superstiti belgi, anche se ciò significa esporre il sommergibile e tutti a bordo a gravi pericoli.
La guerra in mare
La guerra in mare è una battaglia completamente diversa da quella terrestre, un mondo di claustrofobica routine interrotta solo dagli scontri brevi e violenti.
Il Todaro di Favino, un talento camaleontico che continua a brillare, incarna un uomo che abbraccia il suo destino con un senso del dovere inderogabile. Eppure, il film non riesce a scavare abbastanza in profondità nell’anima di questo personaggio, che è intriso di istinto e moralità.
Una “facile” retorica
De Angelis ci presenta uomini che abbandonano la loro patria per trovarsi in una terra senza leggi né regole, una terra dove l’umanità sembra svanire. È un messaggio nobile, ma talvolta sembra essere trascinato in alcune retoriche nazionaliste, che potrebbero sollevare discussioni.
Il film usa questa retorica per sottolineare la speranza di una vita migliore, lontana da conflitti e guerre, affidandola alle cose “semplici”.
“Comandante” potrebbe non sembrare una produzione interamente italiana, ma nella sua essenza è innegabilmente un’opera che richiama gli stilemi dell’ italianità. Non è forse l’opera più riuscità, ma rimane comunque un esempio positivo di come il cinema italiano possa far valere la propria voce e raccontare storie significative.